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    VALUTARE IL FUTURO, NON SOLO IL PRESENTE: UNA NUOVA PROSPETTIVA PER LE IMPRESE IN CRISI

    Nelle situazioni di crisi, la domanda “quanto vale un’azienda?” non basta più.

    Serve capire che cosa può ancora diventare, quale direzione può prendere e quanto è realistico pensare alla sua sopravvivenza.

    La nuova frontiera della valutazione d’impresa si muove tra scenari, probabilità e strategie alternative.

     

    1. Dallo stato attuale ai futuri possibili

    Le aziende in crisi vivono in equilibrio precario: ciò che sono oggi spesso non riflette ciò che potranno essere domani.

    Per questo, limitarsi a fotografare la situazione “così com’è” non basta più.

    Oggi la valutazione richiede una visione dinamica, capace di incorporare diversi futuri plausibili — dal recupero graduale alla chiusura ordinata.

    Ogni scenario comporta esiti diversi e probabilità differenti.

    Il valore non è quindi un punto fisso, ma una media ragionata dei possibili sviluppi.

    In questa prospettiva, anche un’impresa con patrimonio negativo può conservare valore se esiste una chance credibile di risanamento: è il segno che, dietro ai numeri, può esserci ancora una prospettiva.

     

    1. L’importanza di immaginare usi alternativi

    Un altro elemento cruciale riguarda il modo in cui gli asset vengono impiegati.

    Molte aziende in difficoltà dispongono di risorse preziose ma sottoutilizzate: immobili, brevetti, relazioni commerciali o marchi che potrebbero generare più valore in contesti diversi.

    In questo senso, diventa fondamentale chiedersi qual è il “miglior uso possibile” delle risorse aziendali — anche se ciò comporta un cambio di strategia, una partnership o la riconversione di un ramo d’attività.
    Non si valuta più solo ciò che l’impresa è, ma ciò che potrebbe diventare se sfruttasse appieno il suo potenziale.

     

    1. Piani di rilancio: il rischio delle ipotesi

    Ogni piano industriale di risanamento si fonda su proiezioni economiche, stime di vendita e valori di dismissione.
    Il problema nasce quando tali ipotesi risultano troppo ottimistiche: basta una valutazione eccessiva di un asset o un ritardo nei tempi di realizzo per far saltare l’equilibrio del piano.

    Per questo, le valutazioni moderne devono includere analisi di sensibilità e simulazioni realistiche, capaci di mostrare come cambiano i risultati al variare delle condizioni.

    Più che cercare un numero “giusto”, il valutatore deve capire quanto il piano regge agli imprevisti.

     

    1. Quando la crisi è del settore, non solo dell’impresa

    Ci sono casi in cui non è l’azienda a essere inefficiente, ma il settore stesso a essere in difficoltà.

    In queste situazioni, il margine di recupero dipende dalla capacità di adattarsi a un contesto che cambia: consolidamenti tra operatori, riduzione della domanda, trasformazioni tecnologiche.

    Chi valuta un’impresa deve quindi ampliare lo sguardo, stimando non solo la solidità interna ma anche la traiettoria dell’intero comparto.

    Se il mercato di riferimento si riduce, il valore potenziale diminuisce per tutti, e la strategia di sopravvivenza diventa una corsa contro il tempo.

     

    1. Nuovi attori: i fondi specializzati nella crisi

    Negli ultimi anni sono entrati in scena nuovi protagonisti: i fondi che investono in aziende o crediti deteriorati (distressed funds).

    Questi operatori, spesso internazionali, acquistano debiti con forti sconti e intervengono attivamente nei processi di ristrutturazione.

    La loro presenza introduce una logica diversa: i creditori diventano partner potenziali del rilancio, assumendo un ruolo quasi azionario.

    Dal punto di vista valutativo, questo cambia molto.

    Il valore dipende sempre più dall’esito del turnaround e dagli accordi di distribuzione dei ritorni futuri.

    La struttura finanziaria e la gerarchia dei diritti (il cosiddetto waterfall) diventano parte integrante dell’analisi.

     

    1. La sfida per i professionisti della valutazione

    Oggi, valutare un’impresa in crisi significa pensare in termini probabilistici, non deterministici.

    Non si tratta di dire “quanto vale oggi”, ma “quanto potrebbe valere domani” in base alle scelte strategiche e al contesto competitivo.

    La differenza tra successo e fallimento non è solo nei numeri, ma nella capacità di leggere i segnali deboli del cambiamento e trasformarli in ipotesi concrete.

    Il vero valore nasce dalla visione, non dal bilancio.

     

    Conclusione

    La crisi non è solo perdita, ma anche un test di resilienza e capacità di reinventarsi.
    L’approccio moderno alla valutazione d’impresa deve quindi spostarsi dal “to be” al “what if”: dal presente statico al possibile futuro.

    Solo accettando questa logica di incertezza si può restituire significato, e valore, anche alle aziende che oggi sembrano averlo perso.

     

    (fonte prospetto Italia Oggi)

     

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    ..”metti in moto il cambiamento”….inizia con un passo..

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    Antonella Rodella – Consulente Aziendale Commercialista Revisore